Altre arti,  L’arte per Graziella

Il tulipano nero: il sogno (quasi) impossibile dei mercati olandesi del 1600

Questa mattina di inizio maggio nel secondo anno di reclusione a causa del Covid sono scesa con il mio cane in giardino e vi ho trovato tre bellissimi tulipani di uno scurissimo colore nero che oscillavano elegantemente al sole. In preda a un attacco di memoria involontaria, di proustiana reminiscenza, la mia mente si è affollata di ricordi e di storie su questo affascinante e, suo malgrado, inquietante fiore che mi sembra egoistico non narrare.

Il tulipano, il nome deriva dal turco tullband ovvero turbante, è una pregiata pianta bulbosa che nasce nel V secolo dopo Cristo in Kazakistan, si disloca in Iran, conosce il suo periodo di splendore in Oriente in Turchia e, importato dalle navi che solcavano il Mediterraneo, a partire dal XVI secolo, in Occidente in Olanda .  

L’epoca di maggior splendore dell’Impero ottomano (1703 o 1718-30) è chiamata “Età dei tulipani”.

La sua bellezza ha dato origine a molti racconti e i suoi fiori sono il simbolo comune di questi due Paesi.

Due sono le leggende più struggenti su questo fiore che le “Mille e una notte” indicano come  il segnale che il sultano lasciava cadere davanti alla prescelta tra le donne del suo harem e che le odalische lanciavano oltre le mura dei giardini in ricordo dei loro amori perduti: una ha il colore dell’antica Persia e dell’Armenia dalle alte montagne, l’altra la leggerezza delle brughiere ventose del Nord Europa.

Nei tempi dei tempi viveva nell’antica Persia un giovane scultore di nome Farhad, che s’innamorò perdutamente della bellissima principessa armena Shirin, da cui era stato chiamato in Armenia a riprodurre nella pietra le fattezze.

Tormentato di questo amore che si leggeva chiaramente nella statua di Shirin che  Farhad stava via via creando, il re di Persia, anch’egli innamorato dell’affascinante principessa e in preda ai una profonda gelosia, fece credere falsamente a Farhad che questa era morta. 

Sconvolto da un dolore insopportabile, il giovane montò sul suo cavallo preferito e si lasciò cadere giù da un dirupo roccioso delle aspre montagne armene ponendo fine ad una vita che giudicava impossibile senza di Shirin. 

Ma da ogni goccia del suo sangue che cadde sul ruvido terreno nacque un tulipano scarlatto, personificazione del suo amore perfetto che, da quel giorno divenne per tutti gli abitanti dell’Oriente il simbolo dell’amore appassionato.

Nelle dune spazzate dal vento dell’Oceano ma profumate di eriche e muschi odorosi che prendono vita increspando le piatte lande dei Paesi Bassi viveva un tempo un giovane contadino che non conosceva altri mondi e sapeva soltanto coltivare il suo terreno. 

Un giorno in cui il vento del Nord soffiava ancor più impetuoso di sempre scoprì tra l’erba, alcuni minuscoli tulipani dentro la cui corolla si nascondevano piccolissime fate.
Di colpo si innamorò di una di loro, ma purtroppo, impossibilitata come tutte le fate, a provare sentimenti umani essa non lo seppe ricambiare. L’amore non corrisposto fece ammalare il giovane e lo portò a morirne.

Piastrella in ceramica di Delft raffigurante tulipani

La sua piccola fata allora andò da Dio e chiese che la terra che aveva visto questo impossibile amore potesse ricordarlo sempre grazie a immensi campi ricoperti di tulipani. 

Rembrandt e il Commercio del vento 

La bellezza delle sue corolle unite alla  tenerezza che le leggende su di questo fiore suscitavano hanno fatto probabilmente da fertile substrato alla Tulipanomiania che colpì gli olandesi nel 1600, una vera e propria febbre che spinse tutti all’acquisto di bulbi che vennero perciò quotati in borsa. In particolare si ricercava il bulbo che avrebbe prodotto il tulipano nero che  oggi  troviamo nei bulbi “Queen of Night” e  “Black Parrot“, divenuto leggenda. Per questo bulbo si spesero fortune  e il commercio dei bulbi venne chiamato “commercio del vento windhandel  in quanto, similmente ai Future presenti nelle nostre borse, i venditori promettevano di consegnare un bulbo di un certo tipo e di un certo peso nella primavera successiva, i compratori ottenevano il diritto alla consegna e nel frattempo regolamenti in contanti potevano essere effettuati ad ogni fluttuazione del prezzo di mercato. Quando i prezzi furono  troppo alti la bolla speculativa scoppiò lasciando in rovina migliaia e migliaia di famiglie.

Tra queste anche quelle di Rembrand che, nella seconda metà della sua vita, conobbe un tristissimo declino economico che lo costrinse dapprima ad abbandonare la splendida casa dove aveva a lungo alloggiato nell’elegante quartiere ebraico di Amsterdam.

Rembrandt Autoritratto, 1628 c.,  olio su tavola 22,5×18,8 – Rijksmuseum, Amsterdam.

La crisi finanziaria di Rembrandt è da addebitarsi alla perdita delle commissioni che per oltre un ventennio lo avevano visto protagonista assoluto della ritrattistica olandese (e a rubargli il lavoro furono, in gran parte, i suoi ex allievi), all’eccesso di capitali profusi nell’acquisto di oggetti d’arte destinati ad arricchire una pregevolissima collezione privata (poi messa interamente all’asta), infine, ad alcuni gravi investimenti sbagliati. Per l’esattezza, investimenti fatti nel mercato dei tulipani.

Ma il tempo sana ogni ferita e oggi i produttori olandesi hanno dedicato al loro eccelso connazionale alcune cultivar di sontuosi tulipani che riecheggiano i colori delle sue tele e l’opulenza dei suoi colori: i tulipani Rembrandt!

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