Altre arti,  L’arte per Graziella

LA DANZA NELLA PITTURA OCCIDENTALE

Il movimento circolare degli astri, l’intreccio dei pianeti con le stelle fisse,  l’euritmico rapporto con la regolata armonia che li governa sono la prova dell’esistenza stessa primigenia della danza.

Luciano di Samosata- Dialogo sulla danza

Argomento appassionante e relativamente poco esplorato nella storia dell’arte occidentale è quello della rappresentazione della danza, bisogno primigenio e momento corale della storia umana, spesso legata, sin dai tempi più antichi, ai riti della morte e della rinascita.

Le danzatrici più note e affascinanti della nostra storia dell’arte hanno le mani incrociate tra di loro e si muovono in sequela dirigendosi verso un punto lontano.

Si tratta delle protagoniste dello splendido affresco murale, presumibilmente del V secolo a.C., rinvenuto e strappato a Ruvo di Puglia all’inizio del XIX secolo da una delle tombe della necropoli .

Donato dal popolo al re di Napoli , oggi  rappresenta uno dei tesori del MAN della stessa città.

Le giovani rappresentate, perfettamente simili l’una alltra  e vestite allo stesso modo quasi indossassero una divisa, ondeggiano in una danza dal rituale ipnotico che si ascrive nell’alveo delle cosidette danze ”labirintiche” che si riallacciano al mito di Teseo e alla sua uscita dal labirinto dopo aver vinto il Minotauro e hanno per fine la narrazione della sicura rinascita dopo la morte.

Il legame della danza con l’aldilà è molto presente nella pittura occidentale di epoca medievale.

Per alcuni secoli, sulle pareti delle chiese,  specie nel Nord Europa , appaiono spesso delle scene di danze del tutto particolari: le danze macabre che vedono danzare, mano nella mano, morti e viventi.

Giacomo Borlone de Buschis, Danza macabra, Clusone, Oratorio dei Disciplini, 1484

In queste rappresentazioni, seppur collegate alla morte, l’aspetto moralistico prevale tuttavia su quello pittorico e la danza degli scheletri, uniti nel ballo ai vari componenti della società, dai vescovi, ai re, ai poveri contadini, ricorda già nel mondo dei vivi che tutti dobbiamo morire.

Siamo agli antipodi delle dalle danze descritte nella pittura rinascimentale italiana.

A Firenze, la “capitale” del Rinascimento , nel preziosissimo scrigno di del Convento di San Marco è affrescata una delle più raffinate scene di danza della storia dell’arte: la danza degli angeli dipinta dal Beato Angelico tra il 1432 e il 1435.

In un  particolare del pregevole dipinto, schiere di angeli danzano in cerchio che è la figura geometrica che rappresenta la Divinità poiché non ha né inizio né fine.

La grazia eterea delle figure e i loro delicati movimenti accennati con le mani intrecciate, fanno immaginare e percepire con l’udito del cuore la musica celeste che stanno “ angelicamente” animando con le loro soavi movenze in un tripudio di bellezza e serenità.

Beato Angelico, Giudizio Universale (1432–1435), Firenze, Museo di San Marco

Da questo modello di danza, con movenze fisse e rappresentative di vari stati d’animo o di richiami teologici, sono certamente derivati i balli eseguiti nel Cinquecento e Seicento nelle ricche dimore europee e nelle corti, in particolare in quella di Luigi XIV a Versailles.

Gli storiografi del tempo narrano che proprio a un ballo di corte Luigi si presentò con un abito completamente intessuto d’oro luccicante come un astro che gli valse il soprannome di “Re sole” con il quale è universalmente conosciuto.

Legata alla Riforma protestante e alla Controriforma, la pittura “colta” di questi secoli tuttavia lascia più spazio alle rappresentazioni di strumenti e spartiti musicali piuttosto che alla raffigurazione della danza stessa.

Il Secolo dei lumi e della Rivoluzione francese muta ancora una volta il modo di rappresentare e  soprattutto di percepire la danza come modalità di diffusione della  libertà conquistata dal popolo e da esso gestita.

Proprio il popolo spesso viene effigiato mentre danza in cerchio attorno all’albero della libertà, piantato nella piazza principale di ogni città e villaggio, al suono della Carmagnola .

Questa iconografia rende popolare una specifica forma artistica: la stampa. Le stampe, spesso acquarellate manualmente e riprodotte in molteplici esemplari, venivano vendute durante la Rivoluzione da mercanti ambulanti che giravano paese dopo paese con grandi balle di merce appese sulle spalle e erano per questo chiamati colporteur, letteralmente “coloro che portano la merce al collo”.

Rivoluzionari ballano la Carmagnola attorno all’Albero della Libertà

Il secolo successivo, il XIX, è testimone di cambiamenti radicali nel mondo dell’arte con la nascita dell’Impressionismo  e delle cosi dette “ Avanguardie storiche” tra le quali nasceranno, all’inizio del secolo successivo movimenti artistici quali il Futurismo.

La danza viene vista principalmente come momento di lavoro dalle famose “Ballerine” di Edgar Degas che, prima di mostrarsi in tutta la loro luminosa evanescenza sui palcoscenici parigini, sono ritratte durante i faticosi esercizi alla sbarra nel foyer del teatro.

Edgar Degas, Ballerine dietro le quinte, pastello, Museo Puskin Mosca

La danza diviene poi momento di evasione “a luci rosse” per quanti frequentano i café chantant così efficacemente dipinti da Henri de Toulouse Lautrec che ne diviene il raffinato, tristissimo cantore.

Ed è proprio seguendo il filo del discorso iniziato da questi artisti che, agli inizi del XX secolo, Henri Matisse dipingerà il suo capolavoro: La danse con due grandi dipinti conservati oggi rispettivamente al MOMA di New York e all’Hermitage di San Pietroburgo.

Matisse, La danse, 1909, Olio, Museum of Modern Art di New York

Realizzati in stile fauve dall’artista nel 1909 e nel 1910 per il ricchissimo collezionista russo Sergej Scutin, le due grandi tele provocano nell’osservatore che le contempla la sensazione di essere trascinato anch’esso nel ritmo della danza.

Attraverso il colore e il dinamismo della composizione Matisse esprime il flusso inarrestabile della vita, il suo continuo rinnovarsi nel suo eterno movimento.

Ormai divenuto anch’egli protagonista all’interno del quadro l’osservatore comprende che la vita, aiutata dalla ballo, diviene anch’essa musica, colore, eterna danza!

Bibliografia essenziale.

Todisco Luigi, La tomba delle danzatrici di Ruvo di Puglia, in Le myte grec dans l’Italie antique. Fonction et image. Acte du colloque de Rome.( 14 -16 Novembre 1966). Collection de l’Ecole Française de Rome n. 253, p. 435 -465

Frugoni Chiara, Facchinetti Simone: Senza misericordia, il “Trionfo della morte e la danza macabra” a Clusone. Einaudi, 2016.

Degas Edgar, Lettere e testimonianze, Abscondita, 201

Matisse Henri, Scritti e pensieri sull’arte, Abscondita, 2014.

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